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Sabato 29 marzo 2025
Socio ordinario/aggregato?
Pur non essendo italiano, mi permetto di condividere le mie idee con l’obiettivo di favorire un confronto proficuo e contribuire alla presa di decisioni pertinenti per la ristrutturazione del comparto ippico.

Premesso che lo statuto dell’ANACT, che fa ancora riferimento a enti ormai sciolti da anni, va aggiornato al più presto, è importante evidenziare come, con questo statuto obsoleto, l’ANACT sia da tempo richiamata dal Ministero. L’associazione, infatti, non soddisfa attualmente i requisiti necessari per interfacciarsi e ricevere eventuali sovvenzioni. L’adeguamento richiesto e necessario dello statuto rappresenta un’opportunità unica per prepararsi ad affrontare le sfide di un nuovo sviluppo nei prossimi anni, diventando più forti e coesi di quanto siamo oggi, con uno spirito rivolto allo sviluppo e non allo sfruttamento delle eventuali risorse statali, in attesa dell’eventuale termine dell’attività ippica.
Non intendo minimizzare le difficoltà incontrate dalle aziende agricole che praticano l’allevamento di cavalli da corsa. Con questa relazione intendo condividere il mio pensiero sull’introduzione, nello statuto dell’ANACT, del concetto di segregazione tra allevatori con terra – denominati soci ordinari – e allevatori senza terra – battezzati soci aggregati –, nonché sulla differenza di diritti tra le due categorie.
Premetto che l’introduzione di nuovi concetti nello statuto dell’associazione ha senso solo nei casi in cui sia stata identificata una mancanza che impedisce il corretto funzionamento dell’ANACT e/o ostacola il raggiungimento degli obiettivi fissati. Nel caso specifico delle due categorie di soci, dopo aver avanzato richieste al presidente, non ho ricevuto alcuna risposta in merito ai problemi da risolvere o ai benefici attesi per l’associazione. In assenza di un obiettivo chiaro, mi sembra ovvio che tale concetto non debba essere inserito.
Proseguo affermando che la creazione di queste due categorie, senza un obiettivo di miglioramento dell’associazione, potrebbe determinare una spaccatura tra i soci, con un rischio molto alto di ulteriore diminuzione dei puledri. Se il numero di puledri nati dagli allevatori senza terra dovesse ridursi, si avrebbe una conseguente diminuzione di una fonte di reddito e di un vettore di sviluppo per numerose aziende agricole. Inoltre, in assenza di obiettivi chiari e considerando l’assegnazione di diritti differenti per le due categorie, l’introduzione di questo concetto risulta facilmente interpretabile come un tentativo aggressivo e deleterio – un’eventuale dominazione dei soci ordinari sull’associazione a discapito degli altri. Non riesco a identificare altre giustificazioni.
Alcuni sosterranno che, con questa categorizzazione, si metterebbero gli allevatori con terra nella posizione di essere eleggibili a potenziali aiuti. Tale affermazione è del tutto falsa: le aziende agricole con terre sono già registrate e identificate presso il Ministero dell’Agricoltura e possiedono identificativi univoci, come ad esempio il codice stalla.
Vorrei inoltre soffermarmi sulle problematiche legate all’adozione del concetto di socio ordinario e socio aggregato:
Problema 1: Come si effettua il conteggio del numero di certificati? Come vengono gestite le situazioni di co-allevamento? Ad esempio, due puledri al 50% costituiscono un certificato?
Problema 2: Con quali regole si identifica il socio ordinario? Come si accerta che la stessa entità giuridica (persona o azienda) sia effettivamente l’allevatore e il proprietario della struttura? Come gestiamo i familiari di eventuali soci di una società agricola proprietaria di una struttura? L’ANACT è disposta a utilizzare i contributi dei soci per pagare una persona incaricata di validare annualmente le posizioni dei vari soci? Inoltre, come si affrontano situazioni di affitto o leasing, che l’attuale testo non contempla, nonostante la loro frequenza?
Per concludere, ci si può chiedere se la segregazione tra socio ordinario e socio aggregato possa favorire lo sviluppo dell’allevamento del cavallo trottatore in Italia. Ritengo – in assenza di valide argomentazioni contrarie – che la risposta sia semplicemente negativa. Al contrario, tale segregazione ostacolerebbe lo sviluppo, creando una situazione ostile che avrebbe un impatto negativo sul numero di cavalli nati dai soci aggregati e sullo sviluppo delle strutture agricole dedite all’allevamento del cavallo trottatore.
Inoltre, si complicherebbe il funzionamento dell’associazione e si incrementerebbero i costi di gestione. Infine, si consoliderebbe l’idea che tale segregazione abbia come unico obiettivo la creazione delle condizioni per applicare diritti diversi – oltre ai diritti di voto, ad esempio i diritti di assegnazione di eventuali risorse disponibili – favorendo un controllo delle risorse da parte di una parte dei soci.
Johann Kerdal
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